IL MONDO DI PRIMA
PROLOGO
So di dover fare silenzio assoluto. per questo mi
fingo morto, immobile tra le macerie con il fucile pronto a sparare, ben
coperto. so anche di avere a disposizione un solo colpo. se fallisco non avrò
tempo di ricaricare e tentare di nuovo. gli attimi che precedono lo
sparo diventano un percussore potente dentro la mia
mente.
Nel Mondo di Prima dirigevo il traffico, accompagnavo
i bambini a Scuola e ogni tanto allungavo pure qualche contravvenzione.
Nel Mondo di Prima non sapevo neanche da che parte
guardarla un'arma, tornavo a casa e portavo a spasso i cani con la mia
compagna. ero felice nel Mondo di Prima. d’accordo…ogni tanto qualcuno si
incazzava per le multe che comminavo, una volta fui perfino minacciato da un camionista
più grosso del suo camion!!!! ho avuto paura! a pensarci ora una smorfia simile
a un sorriso sghembo stropiccia il mio volto tirato dalla tensione. Nulla di
tutto questo esiste più ora. parecchi di noi non c'è l'hanno fatta, neanche
quel camionista credo. spero solo di non ritrovarmelo addosso trasformato che
già prima faceva paura! quasi tutto il mondo non c'è l'ha fatta.
la mia famiglia è stata spazzata via con la stessa
facilità con cui si beve un bicchier d'acqua. Almeno penso che sia andata così.
La cosa peggiore non è perdere le persone che ami. È scoprire che puoi
sopravvivere a tanto dolore. ti ci abitui alla fine, come ad una lontana dolenzia
articolare.
i Sopravvissuti alla Grande Nebbia e alla Grande Onda
li divido tra Innocui e Letali.
Io sono tra gli innocui, nel senso che non mangio i
miei simili ma ho imparato ad essere letale. è necessario imparare in fretta
come distinguerli e tanti di noi non hanno avuto il tempo di capirlo.
Avrò il tempo di raccontarvi tutto, ve lo prometto,
dopo vi spiegherò il poco che è rimasto del Mondo di Prima e delle
persone. Vi spiegherò cosa è successo nel dettaglio,
ora devo tirare il grilletto, approfitto che il vento è cessato. Dal
cannocchiale del fucile, un Barrett M107 calibro 50, la sagoma appare enorme
come un granaio. da questa distanza riesco a vedere pure i peli del naso del
bastardone, l'impermeabile liso col cappuccio tirato sulla testa e gli occhi
verdi, liquidi, senza vita e capaci di vedere un essere umano a due chilometri
perfino di notte capace di sentire l'odore della carne viva per mettersi in
caccia. la bocca è una spelonca malandata , il naso aquilino. se sono fortunato
uccidendolo metto a nanna tutto il branco. Lui è il Capo, lo sguardo penetrante
dietro cui si percepisce una volontà maligna, acida e corrosiva. Uccidere
mangiare e riprodursi., tutti gli altri mancano della sua perfidia. sono
trascinati dal sordo istinto della sopravvivenza e soprattutto sono più piccoli
e meno veloci. per primo arriva lui, uccide e mangia e poi arriva il branco.
espiro e tiro il grilletto. il rumore dello sparo è secco e incrina il
fantastico silenzio dell'aria ferma.
la testa esplode come un melone e crolla a terra come
un burattino senza fili. Dietro a lui tutti gli altri, dopo lo sparo respiro
profondamente ed inizio a tremare di Paura. Sono ancora vivo e non so se sia un
bene e fino a quando. ricarico e il bossolo vuoto cade tra i calcinacci. morire
sarebbe davvero un sollievo, penso. ma non vorrei risvegliarmi con la loro
fame. sarebbe molto peggio.
mi muovo come una serpe e solo dopo 400 metri mi alzo
cautamente in piedi dopo dieci minuti sono nella mia tana, un appartamento
rimasto incolume dentro un palazzo crollato in riva al mare sul lungomare di
quella che una volta era Ostia Ponente. qui il mare ha mangiato oramai quasi
tutto dopo la grande Onda. poggio il fucile e mi spoglio. ho bisogno di lavare
via il cattivo sapore della paura e della morte. ho bisogno di dormire. spero
di sognare la mia famiglia. a dopo ragazzi.
Il Mondo di Prima
Un racconto di Emanuele
Grilli
IL PASSAGGIO
“Quando l’Angelo aprì il settimo sigillo
si fece silenzio nel cielo e vidi sette Angeli che stavano davanti a Dio.
Il primo suonò la tromba e grandine e
fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla Terra, un terzo della terra andò’
bruciato.
Il secondo Angelo suonò la tromba e una
grande montagna infuocata fu scagliata nel mare, un terzo del mare divenne
sangue.
Il terzo Angelo suonò la tromba una grande
stella ardente colpì la sorgente delle acque.
Il quarto angelo suonò la tromba ed un
terzo del cielo si oscurò.
Era giunta l’ora il mese e l’anno di
sterminare un terzo dell’umanità. Il resto dell’umanità che non fu uccisa non
si converti ‘dalle opere delle sue mani, non cessò di prestare culto ai demoni
e non si converti ‘dagli omicidi, dalle stregonerie, dalla prostituzione, dalle
ruberie. Noi ti rendiamo grazie signore Iddio Onnipotente ora che è giunto il
tempo di giudicare i vivi e i morti e dare la ricompensa ai Santi e di
annientare coloro che distruggono la terra”
Intro di “Christian” Serie tv Ski
Il 2030 è stato l’anno nel quale fu cancellato
praticamente il genere umano dalla faccia della Terra.
Fu una Tempesta Perfetta.
Il primo disastro avvenne in uno Stato Sudafricano, il
Mozambico, nel quale erano state costruite due nuove centrali Nucleari in
segreto, violando sistematicamente i Patti sigillati tra le maggiori Potenze Mondiali.
L’esplosione in contemporanea delle due strutture provocò un tornado di polvere
radioattiva che infetto ’l’aria di tutto il continente africano e si spinse fin
oltre il mare ad inquinare paesi e nazioni circostanti.
Il pulviscolo radioattivo stimolò una profonda
mutazione genetica negli animali, nelle persone e nelle piante senza uccidere.
Le aziende private, proprietarie degli impianti, tentarono di minimizzare ed
insabbiare, in un paese dove di sabbia ce n’era già fin troppa! Della grande
palla di nebbia bianca splendente non se ne ebbe più notizia perché si
disciolse nell’aria e nell’acqua dopo pochissimo tempo.
Tutto fu dimenticato, derubricato, rimosso. Di lì ad
un anno iniziarono a manifestarsi gli effetti del disastro.
Scontri e carneficine tra paesi e villaggi del Centro
Africa, faide infinite e vendette trasversali insanguinarono il Continente.
Poiché la gente si ammazza da secoli in quei posti a nessuno venne in mente di
collegare l’incredibile ondata di violenza cieca ed irragionevole con gli
incidenti nucleari in Mozambico.
Quando però L’ambasciata Francese, a Rabat, fu presa
d’assalto da Cavallette della dimensione di una smart e tutti gli ospiti,
personale di sicurezza compreso, ridotti come striscioline di carta, qualcuno
iniziò a sospettare.
Ben presto l’intero Continente Africano si trasformò
in un gigantesco fast food. Molte persone furono uccise dai propri animali
domestici e molte persone iniziarono a trovare gustosi i propri simili.
Anche alle persone iniziava ad accadere qualcosa.
La Madre di Kevin, bambino pacioso di appena un anno,
uscì urlante dalla stanza del figlio cercando di scappare in strada. La
signora, Kenyota, aveva le gambe lunghe ed il passo lesto caratteristico della
gente da quelle parti, ma suo figlio Christian fu più veloce di lei, la
raggiunse e le staccò la testa con un morso. Il “piccolo” aveva sviluppato
gambe e braccia lunghe oltre due metri ed una insolita tendenza a trovare
gustose le persone.
In un reparto di maternità di Freetown, in Sierra
Leone, i neonati di appena pochi giorni iniziarono a “gattonare “in terra,
sulle pareti, sui soffitti dell’edificio utilizzando una lingua lunghissima per
mangiare ed uccidere insetti, animali, persone.
L’intero Continente divenne off limite e presidiato
dalle Forze Nato. Poderose task force di scienziati unirono le loro forze per
capire l’origine della catastrofe e porvi rimedio. Fu imposta una gigantesca
quarantena in un paese gigantesco nella speranza che prima o poi quella ondata
di follia potesse in qualche modo estinguersi. Nessuno voleva pensare che
quella nube, insidiosa e inquinante avesse potuto viaggiare ben oltre i confini
solcando il mare.
Contemporaneamente in Pakistan alcuni esperimenti
genetici clandestini sulla riprogrammazione del Dna umano sfuggirono di mano ai
loro artefici. Una nuova forma virale, molto più silente e catastrofica del Covi
19 iniziò ad infettare le persone a partire da Peshawar, il punto zero e da lì
le zone a nord dell’India, l’Afghanistan…la Cina…e via! Naturalmente il virus
iniziò a fare il giro del mondo, a spostarsi in Europa, negli Stati Uniti, in
America Meridionale.
Si trattava di una neurotossina capace di alterare
profondamente il metabolismo ed il comportamento delle persone. Dopo un mese
chi entrava in contatto con la persona infetta iniziava a sentire dolori in
tutto il corpo, febbre, vomito. Molti morirono. i superstiti potevano
tranquillamente essere divisi in due gruppi. Gli “Innocui” ed i “Letali”. Gli
Innocui non svilupparono nulla di particolare se non la resistenza ad ammalarsi
nuovamente.
Il secondo gruppo, come in Africa, aveva sviluppato
una insolita forza fisica, una crescita considerevole del corpo, una rabbia
cieca pilotata da un unico obiettivo uccidere nutrirsi sopravvivere e dominare.
La ciliegina sulla torta fu provocata dal
contemporaneo scongelamento di enormi calotte di ghiaccio nella regione
dell’Oceano Artico e da numerose scosse telluriche a partire a largo delle
Isole Svalbard. Altre scosse potenti si verificarono nei mari del nord, nel
mediterraneo, nel pacifico e nell’atlantico.
Un video girato dentro il centro di Osservazione
Tsunami dell’Isola (collocata tra la Danimarca e la Svezia) ritrae una onda
simile ad un muro di acqua alto circa 90 metri diretta verso il Nord Europa.
Quando la Grande Onda arrivò da noi, qui a casa mia,
io c’ero. Sentii un grande tuono in lontananza come l’inizio di un grande
temporale e fu quello che trasse tutti noi in inganno; era stato un gennaio
piovoso e capriccioso con acquazzoni improvvisi ed altrettanto improvvise schiarite.
Sembrava il mese di marzo che transitava dentro il mese di gennaio. Ero in
terrazzo e respiravo a pieni polmoni l’aria profumata ed eccitante del
temporale, la fragranza dell’odore della pineta mescolata con il salmastro del
nostro mare. La prima cosa che mise in allarme i miei sensi iniziò proprio dal
naso e continuo a livello epidermico, nelle orecchie fino ad esplodere quando
riuscii a mettere a fuoco cosa stava arrivando. Dopo il tuono l’aria aveva
iniziato a puzzare di bruciato, come se in gigantesco corto circuito avesse
inquinato tutto il litorale. il vento proveniva da sud est, lì per lì ho
pensato che avessero tolto la corrente a tutta la Sardegna ed avessero staccato
la presa gigantesca sul profondo del mare, una idea infantile, bambinesca, come
se fosse un elettrodomestico, un ferro da stiro, un phon….
Poi qualcosa cambiò anche nella pressione dell’aria,
che divenne carica di elettricità, i peli delle braccia si erano rizzati di
colpo ed il vento aveva iniziato a tirare con maggiore violenza, troppa. Mi si
tapparono le orecchie.
Poi il suono divenne un lungo lunghissimo e potente
lamento ed infine da lontano vidi una montagna di acqua scura detriti correre a
velocità abbattendo ogni cosa ruggendo con ferocia. La mia casa, la nostra casa
era al quinto piano ed ultimo piano di un attico. Sopra avevo il terrazzo
condominiale. Avevo poco tempo, pochissimo ed Elisabetta, la mia compagna non
era ancora rientrata dal lavoro. Si era portata i cani per cui presi solo il
gatto in braccio e lo portai su con me. Il frastuono era oramai assordante e la
violenza dell’urto fece vacillare le fondamenta del palazzo. Una marea gigante
scura, gonfia di ogni cosa sbatte’ contro le mura e si arrampicò fino al quarto
piano, poi al quinto. Il mio appartamento fu allagato completamente ed un
furgoncino venne scaraventato dentro le finestre. Io ero rannicchiato con il
gatto in grembo ed ero stordito, incredulo. Poi iniziai ad entrare in contatto
anche con una paura profonda. Non sapevo chi fosse riuscito a mettersi in
salvo.
Rimasi sul tetto per tutto il pomeriggio e l’intera
notte. La corrente era ancora forte e la marea aveva coperto perfino la pineta.
Avevo freddo, fame, paura. Non sapevo che fine avesse fatto Elisabetta e non
avevo idea di come potermela cavare. Sui tetti dei palazzi antistanti c’era
qualche sopravvissuto come me. Cercavamo di parlarci ma la distanza era troppa.
Comunicavamo a gesti, vidi passare un autobus di linea, diverse auto, anche
qualche barca a motore sicuramente proveniente dal canale dei pescatori. Non mi
azzardai a tuffarmi per salirci sopra perché sarei stato spazzato via dalla
corrente, sicuramente risucchiato in profondità. Non potevo certo portare con
me il gatto, unico superstite.
Due giorni dopo arrivarono alcuni elicotteri della
Protezione Civile a raccogliere i superstiti sui tetti. Fummo portati a centro
di raccolta verso i Castelli Romani dove la furia omicida del Mare ancora non
era arrivata. Ci diedero abiti asciutti e ci rifocillarono. Pensavo che non si
potesse sopportare oltre, in realtà quella era solo l’inizio di una discesa
progressiva verso gli inferi.
OGGI 25 gennaio 2040.
Il gatto mi lecca le mani e le braccia con la lingua
rasposa. Apro’ gli occhi faticosamente. Mi sento stanco. Le esplorazioni fuori
del perimetro sicuro mi spossano sempre di più.
Sono un esploratore e il mio compito è avvistare
Letali, comunicare la loro posizione, chiedere eventuali rinforzi ed ucciderli.
Ieri ho voluto abbatterlo da solo, solo io e lui. Si crea una sorta di legame
psicologico, una corrente magnetica che percepisco dal profondo tra me e il
bersaglio. Quello di ieri era un Letale particolare perché so bene chi fosse
prima della trasformazione, nel Mondo di Prima.
Sono sempre stato suo nemico e penso che il virus non
abbia aggiunto molto alla sua cattiveria e crudeltà, ho contribuito
personalmente al suo arresto ed era detenuto in carcere per Apologia del
Nazismo. Non so di preciso chi lo ha infettato. Oramai è impossibile sapere con
precisione quale è stato il “paziente zero”.
La mia tana è sicura, senza finestre ed è sorvegliata
dal gatto che mi avvisa se ci sono letali nei paraggi. Io e lui formiamo una
coppia fantastica. Ho capito che I felini riescono a sfuggire ai radar di
questi bastardi. A volte lo porto con me in avanscoperta e mi segnala
l’eventuale pericolo iniziando a miagolare in modo singolare. Dietro lo
specchio, collocato su una parete ancora in piedi ci sta un buco da dove scendo
nel tunnel. Ne sono stai scavati tanti negli ultimi 5 anni. Li abbiamo scavati
noi della Resistenza. Nel corso della storia umana c’è sempre stata una
Resistenza così come anche oggi esiste un Governo. Temo però che gli interessi
del Governo e quelli degli Innocui superstiti non coincidano affatto. Il nostro
Quartier Generale si trova sotto la Roccaforte di Tor san Michele che nei
secoli precedenti è stato un formidabile baluardo contro gli invasori
provenienti dal mare. Dal 1500 in poi ha svolto egregiamente la sua funzione.
Da li possiamo avvistare da lontano ogni minaccia. La grande Onda non ha mosso
di un millimetro la sua struttura anche se intorno, idroscalo ostia ponente,
nuova ostia sono state ridotte una poltiglia di macerie tra imbarcazioni e
palazzi diroccati. L’albergo di fronte al porto ha resistito ed è diventato il
quartier generale del Governo, il quale ha trovato un modo di mettersi
d’accordo coi letali usandoli come strumento di controllo e di pulizia contro
quegli Innocui decisi a resistere e risorgere.
Non ho intenzione di spiegarvi per filo e per segno
cosa e perché una parte dell’Umanità sceglie di sottomettersi all’Oscurità. Non
so neanche dirvi come riuscirono a scendere a patti con quei lupi. Posso dirvi
che oggi li combattiamo con ogni arma che possediamo, una sopra tutte la
Speranza che anima tutti noi che un giorno tutto questo finisca.
Faccio parte di un Gruppo di Esploratori composto da
elementi davvero singolari. Lo Zingaro, Pentola, Sgraffigna, Amara, Speedy (il
mio gatto). Proprio sotto la Torre di San Michele abbiamo anche un laboratorio
clandestino dove il Professor Torresi da tempo cerca di studiare un antidoto
per il virus, guarire le persone che lo contraggono.
Lo Zingaro è un ragazzo di Etnia Rom sopravvissuto per
miracolo alla tempesta perfetta. È immune al virus, molto forte fisicamente e
veloce come un fulmine. Non usa armi da fuoco, solo lame e mani nude. A vederlo
non ci credereste ma ha salvato la pelle a me e agli altri in diverse
occasioni. È molto simpatico e passa inosservato facendosi beffe dei soldati
del Governo, dei Letali ed anche di noi a volte. Diventa un mendicante, uno
straccione cieco storpio e puzzolente. Non racconta mai di come era la vita nel
Mondo di Prima ed ho motivo di credere che non la rimpianga granché ,dopotutto.
Pentola è il soprannome di un manovale ucraino di nome
Michail. Lo abbiamo battezzato pentola perché lo abbiamo trovato infilato
dentro una buca nascosto sotto una gigantesca insalatiera di metallo. Beve ogni
cosa che le capita a tiro, fosse anche kerosene, ma in compenso quando è sobrio
costruisce apparecchi satellitari capaci di individuare ogni frequenza nel
raggio di chilometri e spacca una moneta a 500 metri con il fucile. Me lo sono
portato spesso in esplorazione e grazie a lui abbiamo sotterrato parecchi di
quei bastardi. Ogni volta che centra un bersaglio col fucile esclama “Putin!”
Sgraffigna è il nostro Arsenio Lupin. Riesce a Scovare
ogni magazzino militare del governo. grazie a lui abbiamo trafugato armi
materiale medico, cibo, vestiario. Sembra andare col naso, visto la grande
pinna di cui la natura lo ha dotato. Secco come un chiodo mangia come se dentro
di se ne avesse altre due. Sgraffigna era un professore di Italiano nel Mondo
di Prima con la passione del trekking. A volte è piacevole ascoltare le sue
storie.
Un discorso a parte merita Amara, l’unica donna del
nostro gruppo. Amara, che in realtà si chiamava Ornella era una insegnante di
educazione fisica, contaminata da virus, diventata letale e poi “ritornata”
dall’inferno. Non ditemi come sia stato possibile. Il Dottore ci ha chiesto di
non ucciderla. L’avrebbe tenuta in osservazione e avrebbe provato a
sperimentare qualche cocktail di sua invenzione. Il miracolo avvenne solo con
lei. Non che sia tornata esattamente innocua. Più che altro è come se fosse
ancora vampiro ma decisa ad uccidere a cibarsi solo dei suoi simili. Ogni tanto
deve assumere l’antidoto per non trasformarsi di nuovo. È spesso silenziosa ed
i suoi occhi rimangono sempre verdi e brillanti. Ancora non riesco a fidarmi
pienamente di lei ma il Professore rassicura tutti che non tornerà più ad
essere Letale.
Siamo collegati ad altre cellule della Resistenza
sparse nel territorio di Ostia ,Pomezia, Acilia, Infernetto…zone che hanno
conservato solo il nome dal Mondo di Prima ma che oggi sono solo macerie, case
diroccate, visitate la notte da ogni creatura vivente che desidera mangiarci.
Dimenticavo. Il nostro nemico non è solo il governo e
i Letali, ma anche quegli animali contaminati provenienti dall’Africa o che
sono stati contaminati dal gas portato dai venti provenienti dalla Libia.
SECONDO CAPITOLO – La strage degli Innocenti
Il povero prete si infilò dritto dentro la porta di
casa. Era buio e tirava un vento gelido e puzzolente. Veniva sempre una puzza
tremenda dal depuratore. dall’Appagliatore fino all’Idroscalo era tutta una
discarica. La notte facevano fuochi per incenerire cose, forse pure persone.
Padre Mariano ci aveva fatto il callo oramai. Aveva quasi settanta anni dei
quali oltre la metà passata a fare il parroco a Craiova in Romania, durante il
regime di Ceausescu. Per questo sapeva essere discreto ed invisibile. Riusciva
a celare i pensieri perfino a sé stesso perché è così che sopravvivevi ai duri
interrogatori della Polizia politica di quel pazzo.
Aveva salvato e coperto molte persone nel suo paese.
Ora era una cellula preziosa della Resistenza. Aveva l’aria dimessa e mesta,
piccolo di statura e magro come un cancello. Le ossa avevano iniziato a fargli
male dallo scorso anno ed i suoi denti erano oramai irrimediabilmente guasti,
ma celebrava messa ogni domenica e confessava i piccoli peccati della povera
gente.
Quando accese la luce del piccolo e polveroso
soggiorno lo trovò ad attenderlo seduto sulla poltrona di fronte la finestra.
Istintivamente cercò di guadagnare la porta per uscire ma una mano robusta lo ghermì
al collo e lo sbatte’ con violenza sulla sedia facendogli male al bacino.
“A PRETE MA ‘NDO CAZZO VAI!?” la voce profonda e
impostata del Capobranco della Polizia Governativa ruppe il silenzio ventoso
dentro quella stanza.
Padre Mariano si trovò faccia a faccia con il peggiore
dei segugi. Lo Stronzone era guercio e al posto dell’occhio aveva una voragine
scusa dentro la quale si poteva scrutare l’abisso.
“ Mo’ tu me devi di’ na cosa- disse a bassa voce
scaricandogli addosso il suo alito fetido- come cazzo t’è venuto in mente da
aiutà quei bujaccari de Acilia! Fai er prete e nun rompe er cazzo no? “
Adesso si era staccato dal prete e gli girava intorno
proiettandogli addosso la sua ombra imponente, quasi due metri di cattiveria
muscoli e rancore. “Adesso tu me dici pe’ filo e pe’ segno dove cazzo posso
trova’ quei bujaccari de Acilia. Vojo la mappa dei tunnel sotto le fogne de
Ostia antica e pure dove cazzo stanno i loro magazzini! – picchio’ il pugno sul
tavolo sorridendo.
“quei stronzi c’hanno rubbato una sacco de robba e la
volemo recuperà!-….. e te prego de nun fa finta che non capisci l’Italiano
perché se no lo vedi l’amico de spalle alla finestra?- aveva abbassato la voce
e si era curvato sull’orecchio del prete che aveva iniziato a tremare.
La figura in penombra sembrava un uomo alto con una
gobba che lo incurvava impietosamente da un lato, portava mantello e cappuccio.
Odorava di carogna e di morte ed emetteva un fastidioso sibilo ad ogni respiro
come se soffrisse di enfisema polmonare. “ te presento Notre Dame- disse il
Poliziotto con Ilarità- perché è Gobbo e perché s’è magnato la madre!
………adesso- disse in modo convincente- o me dici tutto oppure me tocca slegallo,
quer sallucchione! Ma nun te faccio magnà a te, lo faccio scenne domattina
all’oratorio dove fai giocà quei regazzini tenerelli tenerelli ……..tu te lo
immagini come se li ciancica co gusto?....lo prese per il collo quasi a
strozzarlo, sembrava volesse dargli un bacio……” io me so’ rotto er cazzo da fa
sta’ vita- la voce pressante direttamente dentro l’orecchio- me ne vojo annà da
sto buco de mmerda co dentro voi sorci, puzzate già de morto…..dimme quello che
vojo sape’ prete e non te faccio soffri’ !
Il prete si decise a parlare..”ma io non posso
aiutare, prego, disse con le mani giunte, non li vedo piu’ da almeno un anno!
Io non posso aiutare prego disse iniziando a piangere…….
Ma alla fine aiuto’…. Aiuto parecchio quando comincio’
a gridare di dolore mentre il Poliziotto lo colpiva e lo colpiva e lo colpiva
urlando NUN SAI UN CAZZOOOO….NUN SAI UN CAZZOOO!
“annamosene- disse al Mostro rivolto alla finestra-
ora se potemo move con sicurezza, mo so’ cazzi loro!”.
Padre Gabriele ebbe un brutto presentimento. La
finestra di Padre Mariano era aperta e la luce accesa. Tutto il contrario di
come le cose dovrebbero andare. Erano le 2,00 di notte, pieno inverno. Sapeva
alla perfezione la routine del vecchio, a quell’ora dormiva. Se c’erano guai in
vista teneva la luce accesa ma la finestra chiusa. Decise di andare a
controllare. Corse in fretta battendo con forza i piedi sul selciato. Era
giovane forte, incazzato, impiegò tre minuti ad arrivare a casa. Lo avevano
ridotto uno scempio……cercò di sollevarlo dal pavimento ma il prete gridò dal
dolore. Le braccia e le gambe sfracellate e spezzate in più punti, il volto era
una maschera di sangue. Gli avevano cavato un occhio. Il bulbo, una sfera
bianchiccia e sanguinolenta era ancora infilzata con una forchetta……si giovane
sacerdote si curvò su di lui “Mi senti Padre?- non riusciva a parlare- si
accorse che aveva anche il collo seriamente incrinato- “ non ti devi
affaticare- sussurrò- parlo io e tu mi stringi la mano due volte se vuoi dire
si’…….sono venuti uomini della Polizia?- il prete strinse due volte- “ gli hai
rivelato la porta di ingresso del rifugio a Tor San Michele? Le tane
all’Idroscalo? Nessun segnale- Acilia oppure Infernetto?”
Il prete strinse la mano in modo convulso. “va bene,
stai tranquillo, adesso vado a cercare un dottore per te” padre mariano iniziò
ad agitarsi in modo violento e convulso, voleva dire qualcosa al prete……”
mettili in salvo! Riuscì a dire- e spirò sul pavimento. Il Giovane sacerdote si
sentiva in conflitto. Non voleva lasciare l’uomo incustodito. Gli aveva
insegnato tutto sulla Resistenza e su come combattere psicologicamente il
nemico. Doveva anche correre ad avvisare i compagni.
Impiegò dieci minuti per coprire pietosamente il corpo
e inviare un piccione ad Acilia con un messaggio.
Bubba e Zizzo erano come culo e camicia. Orfani come
molti ragazzi e ragazze. Il degrado socioculturale di alcune periferie romane
nel Mondo di Prima aveva compiuto, se possibile, una parabola decisamente
discendente verso l’abisso.
Non che Bubba e Zizzo, cosi’ furono ribattezzato
dall’esercito dei Straccioni, avessero avuto fortuna coi loro genitori. Il
padre entrava ed usciva dal carcere, la madre era una insegnante delle scuole
medie. Era una donna minuta e cagionevole di salute eppure entrambi si erano avvinghiati
a lei come unica speranza. Fiorella, questo era il suo nome amava i suoi figli
con tutta sé stessa e si sforzò con ogni fibra del suo piccolo corpo di
proteggere e preservare i figli dal degrado umano e socioculturale. Fu proprio
lei che, senza volere, causò indirettamente la loro morte. Il profondo legame
costruito non permise loro di difendersi. Del resto molti ragazzi, I più
fortunati tra loro, persero i genitori a
causa dello Tsunami. I loro corpi portati via dalla potenza dell’acqua e straziati
dalle macerie. Erano morti certo, ma andava di lusso se si poteva ritrovarli
e seppellirli per serbare una parvenza di ricordo. Esisteva una specie
di cimitero allestito in fondo ad Ostia antica dove le spoglie delle persone
morte alluvionate vennero custodite con la cura ed il rispetto permesso dai
tempi.
I genitori di
Bubba e Zizzo invece si erano trasformati.
Quella notte Bubba
lo avevano messo a guardia dell’imbocco del Tunnel dentro quella che una
volta era la Stazione del Treno di Acilia , aveva gli occhiali spessi come il
culo di un bicchiere e non ci vedeva quasi
una mazza ma aveva sviluppato un fiuto potentissimo. Zizzo era suo
fratello ed era autistico. Immobile di schiena verso l’imbocco del tunnel
giocando con le mani e disegnando fiori e disegni immaginari nell’aria. Quando
c’era qualcosa che non andava Zizzo iniziava a dondolarsi ripetutamente,
scuotere il corpo a picchiare le mani sulle tempie. Quando succedeva questo
Bubba capiva che qualcosa non andava, lo prendeva per mano e lo portava al
sicuro chiudendosi dietro la porta pesante ed arrugginita di metallo pressato.
Erano i rappresentanti di un esercito di straccioni
intenzionati a resistere. Bubba e Zizzo avevano paura che i loro genitori
tornassero dal mondo dei morti per cercarli. Molti dei loro amici e coetanei
morirono per mano del proprio padre o della madre. A guardarli bene, con
attenzione, ci si poteva accorgere la totale assenza di umanità nello sguardo
nei movimenti e nella voce, ma non si faceva sempre in tempo a fuggire.
Loro si sentivano fortunati perché avevano ritrovato
una altra famiglia. Assieme agli straccioni stavano bene, si sentivano amati ed
importanti. Erano stati addestrati a fuggire da chiunque, amico parente spariti
per almeno tre anni. Nessuno sopravvive da solo.
Eppure quella notte dimenticarono le regole di
sicurezza. Le ombre che si avvicinavano, appena illuminate dalla luce fioca del
lampione avevano una aria di famiglia. Sembravano proprio i loro genitori
vestiti pesanti e con degli zaini caricati sulla schiena. Perfino Zizzo, che
aveva le antenne sempre alzate, fu ammaliato da quell’odore portato dal vento,
odore di papà e mamma! Non poteva confondersi. Bubba, che al buio era
praticamente cieco, si fidò del fratello. Solo il meticcetto che ogni tanto veniva
a giocare con loro iniziò a ringhiare verso quelle sagome ambigue che si
avvicinavano con lentezza.
La notte fu lacerata dalle grida improvvise dei due
ragazzi. il silenzio calò improvviso subito dopo come se avessero avuto le
bocche tappate. Subito dopo si udì anche un guaito improvviso e poi di nuovo il
silenzio. Un silenzio assordante a cui lentamente lasciò il passo uno
strusciare di passi, come lo spostarsi di un esercito di feriti di guerra.
Ombre leggere che a migliaia si riversarono dentro il tunnel. “ fermi qui! –
ordinò Il Poliziotto. Il prete aveva cantato bene- aveva pensato- adesso la
musica la facciamo noi…. fece spostare la porta metallica dal suo fedele
assassino.
“mo’ so cazzi vostri!- fu il suo ultimo pensiero- poi
migliaia di famelici assassino entrarono nel tunnel nella notte.
TERZO CAPITOLO
Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa
di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Corinzi
15:21
L’esercito degli straccioni
Andare a guardare il mare calmo ogni tanto mi infonde un senso di pace
profonda. la spiaggia del Mondo di Prima non esiste più, ma sulla cima del
palazzo vicino a Tor San Michele ci si può stare, perfino a prendere il sole
con lo sdraio come si faceva una volta. Il mio nome è Samuele. Il cognome non
ha più importanza oramai. Mi fa bene stare qua sopra, perfino l’aria sembra
pulita. Da qua sopra ogni cosa sembra pacifica, normale. Mi tornano in mente
persino ricordi della mia vecchia vita, solo spezzoni sconnessi come se fosse
il trailer di un film.
Io con Elisabetta a letto con tutti i nostri animali.
Le risate forti mentre guardavamo i film con Totò e Peppino, le nostre gite in barca…poi
il buio.
Ma a me va bene così. Ci ho fatto l’abitudine, anche così
lei continua a tenermi compagnia, a starmi vicino.
Oggi me la sto godendo proprio. Dal fondo del palazzo
sento un vociare concitato che sale. Pentola, riconosco la sua voce. Al suo
fianco Padre Gabriele, il sacerdote amico di Padre Mariano.
Pentola piange come non ha mai fatto e Padre Gabriele,
poco più che un ragazzo, si avvicina a me scuro in volto. “C’è una cosa che
devi venire a vedere – disse a mezza bocca- e non ti piacerà.
Il Mercato dell’Spagliatore e la vecchia Pista da
Skate sono rimaste miracolosamente illese. Sono diventate un avamposto della
Polizia Governativa. Li sotto ci sono magazzini e stanze dove interrogano le persone. Nessuno
che entri li poi esce, questo lo so. Ci confondiamo con la folla, nella zona
adibita ad un misero mercato. Da lontano sul piazzale vedo una fila di pali che
sembrano rimpiazzare i vecchi lampioni. Solo avvicinandomi capisco quello che
sto guardando e vengo colto da un profondo sgomento ma la mia faccia non lascia
trasparire la benché minima emozione e diventa anonima in mezzo ad altre
diecimila facce sconosciute. Conoscevo ed ero amico con molti di loro. Ora le
loro teste erano state fissate in cima alle decine di picche sparse per il
viale in bella vista, come ammonimento. Le prime picche sorreggevano le teste
di Buba e Zizzo. Me ne tornai via poco dopo in compagnia di Pentola e Padre
Gabriele. Cercai di addomesticare il dolore e la rabbia per evitare di
impazzire. Per evitare di gridare dal dolore e venire riconosciuto. Loro usano
sempre i tuoi sentimenti contro di te. Tra la nebbia emotiva che offuscava la
mia mente un pensiero mi sfiorò limpido e cristallino. Era ora di andare a
parlare con l’esercito degli straccioni all’Idroscalo. Non era ancora tempo per
pareggiare il conto, prima dovevamo stringere una alleanza importante.
Io Padre Gabriele ed Amara ci incamminammo verso via
degli aliscafi, laggiù in fondo, dopo le macerie impenetrabili del cantiere
Rizzardi, c’era l’ingresso al loro quartier generale. A fare da guardia e come
espediente per scoraggiare i malintenzionati nel piazzale in fondo a coccia di
morto gironzolavano tre pantegane come molossi da guardia. Erano grandi cavalli
e avevano occhietti iniettati di rosso. La palizzata e la rete sembravano poco
adatte a contenerle ma non sembravano molto aggressive né tantomeno incuriosite
dalla nostra presenza, sembravano assonnate.
“ non vi conviene avvicinarvi, anche se sembrano
stordite possono sempre attaccare” – l’uomo salto giù dalla grossa murata di
rocce sconnesse, sembrava molto agile e snello. Quando si avvicinò a noi mi
accorsi che era anche poco pulito, emanava un odore forte misto di rifiuti
messi a marcire al sole e cherosene. “sì lo so- disse divertito- noi non ci
laviamo perché le nostre bestie ci riconoscono dall’odore a non ci attaccano.
Se si vuole vivere bisogna puzzare, altrimenti si puzza di morto! Ed esplose in
una grassa risata che rivelò inaspettatamente una fila di denti bianchi.
“- il mio nome è Cesare e sono il capo delle Guardie
degli Straccioni. Non sono il Re, ma puzzo più di lui- rise di nuovo- vi
conduco da lui, se gli piacete vivrete altrimenti vi daremo da mangiare alle
nostre care Topoline!
Ci accorgemmo di essere improvvisamente circondati da
uomini armati di lance e spade, facce truci da assassini ed aspetto da
mendicanti. Ne riconobbi uno. Era sempre all’Appagliatore a chiedere
l’elemosina. Non avevamo scelta, sussurrai ad Amara di togliere la mano dai
coltelli, sicuramente li avrebbe uccisi tutti ma noi volevamo trovare un
accordo non altri nemici. Padre Gabriele non fece una mossa, non sembrava né
spaventato né sorpreso, lo sguardo ieratico guardava oltre l’orizzonte come
assorto nei suoi pensieri.
- “quindi
tu sei quello che comanda? Sei capo? Non sembri capo! La donna comanda? Il
prete? Chi?- l’uomo piccolo e scuro di etnia Rom ci girava intorno curioso e
sornione, penso che ci stesse annusando, valutando, provocando…aveva addosso
indumenti risalenti alla prima guerra di indipendenza e chili di paccottiglia
rumorosa attorno al collo. Sdentato e maleodorante anche lui. Ad occhio e croce
non arrivava a cinquanta chili. “ tu ti stai domandando perché altri hanno
paura di noi vero? Cosa ho che fa paura agli altri? Perché io non metto paura,
non mi vedi arrivare e quando sono vicino è troppo tardi. Inganniamo i vostri sensi…forse
mi tengo la donna te e il prete andate a far visita ai pesci, che ne pensi?
Penso che non vi conviene volevo dire ma decisi di tenere il becco chiuso. “ il
capo lo puoi trovare in piazza, ci sta la sua testa in cima ad una picca. Noi
siamo tutto quello che rimane della Resistenza, a parte un gruppo a Torvaianica
che non so neanche se sono vivi….
-
“sono vivi, non preoccuparti- ci ho già
parlato perché pure loro volevano qualcosa da noi…aiuto….appoggio…..consigli-
- poi si rivolse verso il prete recitando a mani
giunte “io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a
cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in
Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per
raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco
inestinguibile”…. Padre lo conoscete il passo? Certo che lo
conoscete e sono sicuro che conoscete anche chi è questo tizio. Non mi
riferisco a Gesù. Sapete bene di chi parlo.
“ arriverà presto non temere, io sono suo figlio” Il
Re degli straccioni fece istintivamente un passo indietro e si inginocchio
velocemente. “comandate ogni cosa ed ogni cosa sarà fatta- disse a bassa voce
poi si alzò- slegateli ed offrite loro da mangiare e da bere. I giorni della
nostra afflizione stanno finendo.
QUARTO CAPITOLO
“MO’ ME DICI SUBBITO DOVE STANNO TUTTI LA’ARTI!- Il
poliziotto ci prendeva gusto a picchiarlo. dentro quel buco nero che aveva al
posto della coscienza faticava a farsi strada un barlume di consapevolezza.
Ogni tanto sorgeva in lui una
Domanda che prendeva a perseguitarlo. Perché fai cosi Paolo? E poi gli veniva in mente la
madre che piangente le rivolgeva il medesimo quesito. Era stato un bambino
crudele con gli animali, solitario e taciturno. Suo padre era la persona in
assoluto che temeva ed amava di più al mondo. Era un uomo imprevedibile capace
di farlo sentire il bambino più amato al mondo per poi venire picchiato
selvaggiamente senza motivo.
Fare il Poliziotto gli permetteva di scaricare la sua
rabbia repressa sugli altri e di dominare la paura profonda di tutto quello che
non riusciva a capire e controllare. Come lo stronzo che aveva davanti adesso.
Qualcosa pareva non tornare perché di solito faceva parlare anche i muri. Il
dolore non aveva nessun segreto per lui.
“ sto stronzo m’ha rotto er cazzo! Ve lo lascio ‘a voi
se tra mezz’ora non parla lo lasciate ai nostri amici Ledali…. letali come
cazzo se chiamano! “ uscì dalla cella e i suoi sgherri continuarono a darci
dentro con bastone e catena. Strizzato in un angolo come un sacco di stracci
l’uomo cominciò sommessamente a piangere poi lentamente il pianto si trasformo ‘in
una risata lenta.
“ ma che cazzo te ridi- dissero i tre- mo te famo piu’
male”
E giu’ botte. Ma piu’ quelli menavano e piu’ quello
rideva. Ma tu chi cazzo sei- disse la guardia scoprendo la testa da dentro il
cappuccio suducio. Sembrava vestito con un saio da frate anche se piena di
strappi e toppe.
“Sono il Padre di Gabriele disse con la bocca piena di
sangue. Sono stato inviato per giudicare i vivi ed i morti. Quello che avete
fatto ad ogni persona inerme ed innocente è come se lo aveste fatto a me. E’
tempo di regolare i conti”.
ARMAGEDDON
Il Quartier Generale della Polizia Governativa aveva trovato sede di fronte al mare. La devastante onda marina aveva parzialmente distrutto i palazzoni del Vittorio Emanuele e la Biblioteca era divenuta un ammasso di libri destinati a imputridire. Il Prefetto Generale, Oberon aveva trovato lì dentro la sua tana. Nel Mondo di Prima era stato Il Preside di Un Liceo ed ora trovava sollievo in quelle macerie di un mondo che fu. Amava leggere, ricordare, ragionare. Dentro di sé aveva fatto pace con sé stesso. Nel tempo aveva maturato la consapevolezza che le regole del vecchio mondo non esistevano più. Il Professor Proietti Pietro era morto durante l’alluvione e sua moglie era morta trasformandosi in uno di quegli esseri che si nutrono delle persone. Probabilmente prima o poi lei sarebbe venuta a cercarlo. Non era un uomo mosso dall’Odio né dalla Vendetta, aveva accettato il male come evento ineluttabile e la morte dei più deboli come una naturale dinamica darwiniana. Ora doveva risolvere un problema. La presenza di quel Poliziotto lo metteva a disagio. Nel Mondo di Prima lo avrebbe catalogato come uno dei suoi ragazzi difficili, destinati a fallire nella scuola e a diventare criminali. Non si domandava mai però se fosse il ragazzo difficile a fallire o se, in fondo, non era la scuola ad aver fallito con lui. Inutili elucubrazioni. Ora doveva risolvere un problema. I nemici della Resistenza erano diventati ossi molto duri e alla lunga la guerriglia aveva logorato i suoi uomini. Aveva capito che costoro non temevano la morte ed era questo a renderli ancora più pericolosi.
“Cosi tu vieni a raccontarmi che hai trovato sette soldati fatti a
pezzi dentro la prigione dove c’era uno straccione asfittico e puzzolente da
interrogare?- Da sopra il suo trono sghembo fatto di pile ammassate di libri
ammuffiti Oberon, il Prefetto interrogava il suo Cerbero Capo. L’altro non
rispondeva, non riusciva a dire che in mezzo a quella mattanza la cosa più
strana era la scritta sul muro lasciata con il sangue dei suoi uomini. La parola
Armageddon.
“per caso hai trovato anche scritto sul muro la parola “Armageddon?
Il Poliziotto si mosse come se fosse stato colpito. Come faceva a saperlo?
“tu non leggi vero?- continuò Oberon-soprattutto non leggi la
Bibbia-disse in tono colloquiale- un libro molto interessante. Sono rimasto
molto colpito dalla totale dedizione di Erode, un Re galileo che per trovare un
singolo bambino mise a morte centinaia di loro………la trovo una idea interessante
e anche molto pratica”- parlava in tono tranquillo e colloquiale come se fosse
un pensiero ad alta voce.” Inizia a rastrellare ogni distretto, ogni singola
casa, fruga ovunque nei bassifondi. Trovalo e portamelo qui.
Se non lo fai…se fallisci…ti lascio qui a marcire, in mezzo ai
Letali e ti vedrò ben presto ridotto come uno di loro!” ora il tono era
minaccioso e tagliente.
Il Poliziotto uscì e appena fuori dall’edificio iniziò a tossire e
vomitare. Aveva perfino il fiatone . Era quasi sul punto di piangere, come se
contattasse un dolore lontano e antico perso nel tempo. Come quando suo padre
gli gridava dietro tutto il suo odio…non voleva ricordare. Anche prima la sua
era una vita di merda pero ‘una cosa la sapeva, l’aveva capita pure lui. Che in
mezzo a quel bordello se ne sarebbe dovuto andare prima possibile. In un posto
dove non c’erano animali strani e mezzi uomini e mezzi vampiri. In compagnia di
questi pensieri si avviò verso il centro di raccolta. Era tempo di agire di
nuovo, di fare casino.
Il Laboratorio era sorto sotto la stazione di Ostia Antica. La
Polizia lo battezzò in quel modo per non destare sospetti. In realtà facevano
esperimenti. Pensavano di aver isolato il gene mutante che trasformava le
persone innocue in letali. Si trattava in realtà di una formula che avrebbe
dovuto eliminare ogni scomodo effetto “collaterale” della trasformazione. Gli
esseri che il laboratorio sfornava erano docili macchine da combattimento
privati di una volontà propria, del sentimento del dolore della paura. Non
sentivano fatica né rimorso. Erano stati programmati per uccidere ed infettare
le persone che catturavano. Vampiri a tutti gli effetti ma senza essere
costretti a nascondersi dai raggi solari.
Il Poliziotto scese in quell’inferno. “ sono pronti le nuove
reclute? Me ne servono almeno un centinaio” il responsabile del centro lo rassicurò
“abbiamo quello che ti serve e pure i Mannari, ma il grosso della
truppa arriverà tra due giorni da Torvaianica. Sono duemila. “ Il Poliziotto uscì
portandosi dietro una lunga fila di creature silenziose e mortali.
Nello stesso momento, a pochi chilometri di distanza il Professore
cercava con infaticabile determinazione la Cura. Aveva studiato a fondo il
sangue di Amara la donna metà vampiro e ne aveva presi alcuni campioni. Il suo
sangue era di un genere molto particolare e non legava con nessun gruppo
sanguigno. Voleva riportare le persone indietro dall’inferno in cui erano
intrappolate. Era animato dalla forte
convinzione che dentro ogni mostro esistesse ancora una scintilla di umanità.
Era intenzionato a trovarla ad ogni costo. Alla fine avvenne il miracolo. Il
Professore scoprì un enzima contenuto
nel sangue del mutante che fungeva da protezione. Chi veniva morso o infettato
non si sarebbe trasformato. Non poteva riportare i vampiri in vita ma avrebbe
potuto proteggere altri poveri innocenti.
Il bambino aveva si è no 7 anni magro macilento e sporco. Portava
ai piedi degli scarponi troppo grandi e ciabattava rumorosamente su è giù per
il mercato rionale rumoroso e maleodorante. Vestito di stracci e senza genitori
chiedeva l’elemosina. Lui, come tanti altri, faceva parte di un esercito di
mendicanti mandati in giro per essere occhi ed orecchi della Resistenza. Mentre
se ne stava rannicchiato in un angolo una ombra coprì totalmente il sole. “tu
vieni con me’ a ragazzi’!!!! Il Poliziotto lo ghermì come un rapace la sua
preda. Una fila interminabile di Poliziotti in divisa da combattimento assieme
ai Letali invase il Mercato. Molti furono presi e portati nelle segrete per
essere interrogati, molto altri uccisi sul posto come severo monito. Non risparmiarono
né donne né bambini.
Quando accadde tutto questo io ero ancora con Gabriele e Amara
presso il Re degli Straccioni. “Non
possiamo attendere oltre- disse- venite con me, vi mostro il mio esercito”.
[…] il Vecchio emise un fischio molto basso e lanciò un sasso
nelle acque putride di Fiumara Grande. Lentamente dalle acque vidi emergere i
dorsi grigiastri e piatti…decine di Granchi giganti si stavano arrampicando
sulle rocce e si disposero di fronte a lui come un plotone di soldati. Le Chele
erano enormi e potevano certo tagliare
facilmente un uomo in due come fosse carta.
[…………]
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