
I sassi non se lo chiedono. Non se lo chiedono le piante. E neppure gli animali, che per tanti versi sono gli esseri più vicini a noi nel creato, sembrano domandarsi “Io, chi sono?” Una mucca non cerca di avere un’opinione di sé, un corvo non si arrovella a capire che cosa lo distingue da una rana. Ma l’uomo? L’uomo – disse il Swami per presentare il Vedanta – l’uomo si è sempre angosciato dall’incertezza della risposta. La domanda nasce dall’esperienza. L’uomo si guarda attorno, vede il mondo e fa alcune considerazioni. La prima è che tutto ciò che vede è fuori da lui. Il mondo gli appare come distinto da sé, come qualcosa da cui si sente separato. Siccome tutto ciò che vede è infinitamente più grande di lui, l’uomo si sente misero, isolato, vulnerabile come una piccola onda che, intimorita dalla vastità dell’oceano, sogna solo di essere un’onda più grossa, più possente per non venire schiacciata dalle altre onde. In questa percezione di due entità distinte – colui che vede e ciò ...